Due cose lasceremo ai nostri figli: questa terra e questa società. Come gliele vogliamo lasciare?
Care Amiche e Cari Amici,
Lo psicologo Erik H. Erikson spiega che il senso di fiducia con cui il neonato sperimenta il suo ingresso nella vita non dipende solo a dal rapporto con i genitori, ma dipende anche dal senso di speranza di cui l’anziano, che è nella fase conclusiva della sua vita, è testimone; cosicchè l’inizio e la conclusione della vita, la fiducia e la speranza, si sostengono a vicenda. In questo sta la bellezza del rapporto fra nonni e nipotini.
Ecco perché ho voluto dedicare questo invio di Letture civili a Stéphane Hessel: la sua vita è una magnifica testimonianza della speranza:“Questa vita restituita, bisognava impegnarla”. Essa può essere un sostegno per quanti di noi si sentono scoraggiati e abbandonati dalla fiducia… Hessel ci propone sia obiettivi pratici e immediati, sia obiettivi ideali, quasi utopici, ma urgenti come quelli immediati e anche di più perché necessitano di una strategia incessante, vigile e diffusa in tutto il nostro agire civile, per non disperderli, per non dimenticarcene, per non disperare… Su cosa si fonda la speranza di Hessel? Si fonda su quell’enorme sacrifico umano che è stata la seconda guerra mondiale e sui valori della resistenza che le nazioni hanno espresso per uscirne e progettare un mondo umano nuovo! Hessel ci porge la mano per passarci il testimone, afferriamolo!
Di Hessel vi presento solo quattro libricini (di cui uno scritto con Edgar Morin): piccoli, facili, intensi (in romagnolo: znin ma caichè, cioè, piccolo ma ben pressato). Se ne prendete in mano uno e lo leggete in poche ore, vi capisco… Uno ve l’ho già segnalato (vedi Letture civili 1), ma l’ho riletto, e così gli altri… ed inevitabilmente i miei libricini sono diventati pieni di note e sottolineature; e spero che lo diventeranno anche i vostri… Sicuramente resterà anche nella vostra memoria il messaggio che Hessel ci invia tramite loro!
Per incuriosirvi alla lettura non ho usato le recensioni pubblicate su internet, ma ho costruito una vetrina di citazioni… scusate, ma non sono riuscito a trascriverne di meno! Comunque solo la lettura di tutto il testo vi renderà il significato complessivo più comprensibile. Buona lettura!
“Questa vita restituita, bisognava impegnarla”.
1.- STEPFANE HESSEL: Indignatevi. ADD Editore, Torino 2011, p.61
– Ripartiamo dal programma del Consiglio della Resistenza (1945):
. “Un progetto completo di Sécurité sociale, volto ad assicurare mezzi di sostentamento a tutti i cittadini, qualora fossero inabili a procurarseli con il lavoro”. (p.6)
. “L’insediamento di una vera e propria democrazia economica e sociale, che comporti l’evizione dei grandi gruppi di potere economico e finanziario dal controllo dell’economia”. (p.7)
. Una vera democrazia ha bisogno di una stampa indipendente: “la libertà di stampa, il suo onore e la sua indipendenza rispetto allo Stato, al potere del denaro e alle influenze estere”. (p.7)
– Quando qualcosa ci indigna… allora diventiamo militanti, forti e impegnati. Abbracciamo una evoluzione storica e il grande corso della storia orientato verso una maggiore giustizia e una maggiore libertà, ma non la libertà incontrollata della volpe nel pollaio. (p.10)
– Ma in questo mondo esistono cose intollerabili… L’indifferenza è il peggiore di tutti gli atteggiamenti… perdiamo una delle componenti essenziali dell’umano… la capacità di indignarsi e l’impegno che ne consegue. (p.15)
– Ai giovani dico: guardatevi attorno, e troverete gli argomenti che giustificano la vostra indignazione… (p.19)
– Dopo una visita a Gaza:
. è una prigione in cui ci si organizza per sopravvivere. (p.21)
. che gli Ebrei possano perpetrare a loro volta dei crimini di guerra, è una cosa insopportabile. (p.22)
– Ma io aggiungerei che la non-violenza è un mezzo più sicuro per farla cessare (la violenza)… La violenza volta le spalle alla speranza. (p.24)
– La speranza deve… basarsi sui diritti; e la violazione di questi, non importa per mano di chi, deve provocare indignazione. Su questi non si transige. (p.26)
– E allora continuiamo a invocare “una vera e propria insurrezione pacifica contro i mass media, che ai nostri giovani come unico orizzonte propongono il consumismo di massa, il disprezzo dei più deboli e della cultura, l’amnesia generalizzata e la competizione a oltranza di tutti contro tutti”. (p.30)
– Creare è resistere. Resistere è creare. (p.30)
2.- STEPFANE HESSEL: Impegnatevi. Salani Editori, Milano 2011, p.107.
– Nel programma del Consiglio nazionale della Resistenza c’era l’affermazione di una visione, e quella visione è valida ancor oggi. Rifiutare il diktat del profitto e del denaro, indignarsi contro la coesistenza di un’estrema povertà e di una ricchezza arrogante, rifiutare i gruppi di potere economico, riaffermare il bisogno di una stampa davvero indipendente, garantire la previdenza sociale sotto tutte le su forme… molti di quei valori e di quelle conquiste che difendevamo ieri sono oggi in forse, se non proprio in pericolo. (p.15)
– Resistere significa rendersi conto che siamo circondati da cose scandalose che devono essere combattute con vigore. Significa rifiutare di lasciarsi andare a una situazione che potrebbe essere accettata come disgraziatamente definitiva. (p.16)
– Oggi è riflettendo, scrivendo, part4ecipando democraticamente all’elezione dei governanti che si può sperare di far evolvere intelligentemente le cose… insomma, con un’azione a lunghissimo termine. (p.17)
– Penso che la differenza fra la mia generazione e la vostra sia che il mio civismo era ancora fondamentalmente nazionale:io mi preoccupavo del buon funzionamento della Francia e della sua sopravvivenza; oggi p probabile che si vada verso un civismo globale, non foss’altro perché ci si rende conto che nessuno Stato è in grado di affrontare da solo quelle sfide di cui stiamo parlando. (p.23)
– Credo in effetti che l’impegno per l’ecologia sia forte quanto lo era per noi l’impegno nella resistenza. (p.24)
– La parola ‘sviluppo’ va presa con cautela. Non si tratta d’imporre a questo o quel popolo che ancora ne sia privo i mezzi di produzione e di sfruttamento delle risorse che noi, Paesi del Nord, industrializzati abbiamo usato per arrivare al punto di dominio economico. (p.27)
– Oggi ritengo che chi ha venticinque anni ed è in contatto con degli asiatici o degli africani può trovare il modo di dare un senso alla propria vita aiutandoli a superare le loro difficoltà. (p.31)
– Ora, l’agricoltura praticata negli ultimi anni nei Paesi in via di sviluppo per lo più industriale ed esportatrice, ha avuto effetti distruttivi. … oggi abbiamo palesemente bisogno di altre tipologie di agricoltura. L’agroecologia è una delle soluzioni, perché essa tiene conto tanto dell’ambiente quanto dell’alimentazione. (p.32, 33)
– Poco fa si accennava alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: oggi sembra stupefacente, ma la parola ‘Terra’ non vi compare mai! A quel tempo, non si era assolutamente consapevoli del rischio che si correva nello sfruttare in modo troppo intensivo le risorse della natura. (p.36)
– In fondo, il problema per me essenziale nel rapporto di una vecchia generazione con una giovane generazione è lottare contro la disperazione. E, tra i rischi che corre il pianeta, c’è la disperazione. (p.40)
– E qui torniamo a una domanda fondamentale: cosa sono l’opinione pubblica e l’opinione dei giovani? Su cosa punteranno avendo forza sufficiente a imporre, quantomeno nelle democrazie, il loro punto di vista ai governanti? (p.48)
– La riforma delle istituzioni cui tengo di più è la creazione di un Consiglio di sicurezza economico e sociale, che riunisca mediante elezione i venti-trenata Stati più responsabili – diversi per cultural capaci di agire con la loro autorità – al fine di instaurare una strategia mondiale che faccia fronte alle grandi sfide ed eserciti la sua autorità sulle istanze finanziarie, commerciali, del lavoro, della sanità… (p.53)
– Accanto all’economia finanziaria chiusa nella nozione di profitto, può esserci un’economia diversa. Forme di economia solidale possono esistere accanto a forme capitalistiche. (p.58)
– Così come vanno accolte tutte le culture del mondo, all’interno di un Paese bisogna accogliere tutte le dorme di coesistenza degli uomini; probabilmente occorrono delle religioni, ma occorre anche della laicità. (p.58)
– La visione del mondo di domani come un mondo più giusto, più sostenibile, più assennato, può essere soltanto globale. Ma la realizzazione e l’azione che contribuiscono a un simile mondo possono essere soltanto locali. Ciò che sarebbe pericoloso è che si moltiplichino delle esperienze locali in contraddizione con una visione globale… (p.59)
– Non basta essere coscienti, bisogna anche essere strateghi. Dai responsabili politici mi aspetto che ci descrivano la strategia che si propongono di usare. (p.61)
– E’ qui che sta la mia speranza: ritengo che viviamo in un mondo d’interdipendenze nel quale i cambiamenti possono avvenire soltanto tutti insieme. Cosa che implica una solidarietà. (p.62)
-Bisogna che queste organizzazioni (le ONG) possano apportare delle idee; ma l’attuazione di tali idee, per il momento, può essere fatta soltanto da quegli Stati che dispongono del potere, e da quelle istituzioni intergovernative che possono coordinare il potere degli Stati. (p.63)
– L’espressione ‘diritti umani’ non era mai stata pronunciata sul piano mondiale! Per la prima volta consideravamo il consesso mondiale come unico, interdipendente ei solidale. Cosa del tutto inedita. Con un aggettivo ambizioso: ‘universale’; ci rivolgevamo alla totalità delle donne e degli uomini del mondo, senza eccezione. (p.67)
– In seguito, ho capito che, al di là dei problemi relativi ai diritti dell’uomo, quello della natura e quello dell’ambiente avevano un’importanza almeno altrettanto grande. Oggi, vedo dunque l’avvenire come tenuto a rispettare in ugual misura i diritti dell’essere umano e i diritti della natura.(p.70)
– Ogni generazione è in grado di trovare il suo posto e il suo impegno sartriano, secondo il quale un uomo è un vero uomo soltanto quando è davvero impegnato e si sente responsabile. (p.71)
– L’espressione ‘coscienza etica’ deve renderci sensibili al fatto che quanto facciamo oggi ha delle ripercussioni su coloro che vengono dopo. (p.78)
3.- STEPHANE HESSEL e EDGAR MORIN: Il cammino della speranza. Chiarelettere, Milano 2012, p.57.
– Cari concittadini, il nostro proposito è di denunciare il corso perverso di una politica cieca che ci sta conducendo al disastro. Di tracciare una via politica che porti al benessere della collettività. Di annunciare una nuova speranza. (p.3)
– Dobbiamo prendere coscienza che condividiamo un destino planetario; tutta l’umanità subisce le stesse minacce letali…
Essa si scontra con una serie di crisi che, prese nel loro insieme, formano la Grande Crisi di un’umanità che non riesce a pervenire alla vera Umanità. (p.3-4)
– Il primo (dovere) è quello di essere cittadini che partecipano al destino planetario…. (p.5)
– Dobbiamo saper globalizzare e deglobalizzare allo stesso tempo. Dobbiamo perseguire la globalizzazione che riunisce sotto un destino comune gli esseri umani di ogni origine e provenienza, minacciati da pericoli nefasti. … Dobbiamo de globalizzare per dare spazio all’economia sociale e solidale, salvaguardare l’economia del territorio, preservare l’agricoltura di sussistenza e l’alimentazione a essa legata, l’artigianato e i negozi di quartiere, contenere la desertificazione delle campagne e lo svuotamento dei servizi nelle periferie degradate. (p.8)
– Infine, cominciando da casa nostra, dobbiamo sostituire all’imperativo unilaterale della crescita un imperativo complesso, che stabilisca sì quello che deve crescere, ma anche quello che deve decrescere. …. Anziché limitarsi a una sterile contrapposizione di ideali, è giunto il momento di stilare una lista di quello che deve crescere e di quello che deve decrescere. (p.9)
– L’Europa dovrà farsi promotrice di un vasto disegno: così come nel Rinascimento … Allo stesso modo oggi può contribuire a un nuovo Rinascimento che attinga alla amorale e alla spiritualità di altre civiltà, soprattutto al sapere asiatico. (p.10)
– Il cammino per pervenire alla grande metamorfosi è complesso, ma per cominciare si può proporre alle nazioni una governance mondiale che non soltanto riformi e rifondi l’Onu, ma prenda in carico istanze planetarie deputate alla risoluzione di problemi vitali come la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il degrado della biosfera il ritorno delle carestie e il persistere della malnutrizione, oltre a una vera e propria regolazione economica che riduca i crimini della speculazione finanziaria, in particolare quella sui prezzi delle materie prime. (p.10-11)
– Noi crediamo invece che una nuova politica nazionale autonoma sia possibile e parta proprio d ai duplici principi che abbiamo sopra enunciato: globalizzare e de globalizzare, incrementare lo sviluppo e contenerlo. (p.13-14)
– All’ottimistica avanzata dell’individualismo ha fatto seguito il triste declino della solidarietà.
Nella nostra società scarseggiano l’empatia, la simpatia e la compassione, che si traducono in indifferenza, assenza di cortesia fra abitanti dello stesso quartiere, dello stesso palazzo; ci si dimentica che salutare il prossimo significa trovarlo degno di simpatia in quanto essere umano. Allo stesso modo, scarseggia la comprensione sul lavoro e in famiglia. (p.16)
– Il viver bene può sembrare sinonimo di benessere. Ma nella nostra civiltà la nozione di benessere si è ristretta alla sua accezione materiale, che implica comodità, possesso di oggetti e di beni, ma non ha nulla a che vedere con ciò che è proprio del viver bene, vale a dire la realizzazione personale, le relazioni amorose, l’amicizia, il senso della comunità. … Benessere significa qualità di vita, non quantità di beni. (p.22)
– Le nostre vite sono divise in due: da un lato la vita prosaica, che subiamo senza gioia, per costrizione e obbligo, dall’altro la vita poetica, che comprende tutto ciò che ci dispensa pienezza, fervore, esaltazione, e che troviamo nell’amore, nell’amicizia, nella condivisione, nelle feste, nelle danze, nei giochi. (p.25)
– Per garantire il benessere bisognerà tornare alla solidarietà. Per farlo proponiamo di creare in tutti i centri medio-grandi e nei quartieri metropolitani della “case della fratellanza” nelle quali faro convergere tutte le istituzioni pubbliche o private a carattere solidale già esistenti e nuovi servizi di pronto intervento per chi vive in ristrettezze morali o materiali o rischia di soccombere a un’overdose non solo di droga, ma anche di malessere o di dispiacere. (p.25)
– Dobbiamo concepire una politica giovanile che tenga conto di ciò che l’adolescente rappresenta dal punto di vista sociologico e culturale, ovvero l’anello più debole (perchè il meno integrato in quanto sospeso tra la bambagia dell’infanzia e l’inserimento nella vita adulta) ma anche il più forte della società (perchè dotato delle maggiori energie, delle più forti aspirazioni, delle più grandi capacità rivoluzionarie). (p.28-29)
– La rimoralizzazione non può ridursi a una lezione di morale. Per avviarla occorre far regredire l’egemonia del profitto…. Per questo proponiamo la creazione di un Consiglio di Stato etico (composta da consiglieri di Stato e da membri della Corte dei conti, da magistrati, uomini di cultura, militanti nel campo umanitario eccetera) che preveda tra le altre cose l’insegnamento della benevolenza confuciana per quanti vogliano intraprendere una carriera pubblica che comporti responsabilità e/o potere. (p.30)
– Non basta elargire aiuti ai malati, ai disoccupati, agli indigenti: il sostegno pubblico deve estendersi anche alla creazione di imprese e di opere necessarie al benessere collettivo. Al ruolo assistenziale lo Stato deve affiancare quello di “investitore sociale”. (p.32)
– Se i detrattori del capitalismo sono incapaci di indicare un’alternativa credibile, i fautori vi si rassegnano. La socialdemocrazia ha ormai sesso di osteggiarlo, l’economia plurale ingloba in sé l’economia capitalista e le multinazionali, relegandole però in uno spazio sempre più circoscritto, contrastandone l’onnipotenza e sforzandosi di esercitare un controllo stringente sul capitalismo finanziario.
L’economia plurale dovrà incentivare le piccole e medie imprese, l’economia sociale e solidale, il commercio equo e l’etica economica. (p.32-33)
– (alcuni problemi da affrontare nella visione di una economia plurale):
- economia sociale e solidale
- economia equa
- economia verde
- politiche improntate all’ecologia
- Stato investitore sociale
- riduzione della competitività e salvaguardia della concorrenza
- speculazione finanziaria
- sovvenzioni all’agricoltura e all’allevamento tradizionali e biologici
- contributo alle famiglia svantaggiate (p.33-37)
– Tutte queste misure concorreranno a far regredire l’influsso del capitalismo, l’egemonia del profitto, la potenza delle lobby finanziarie all’interno della nostra democrazia. (p.37)
– Proponiamo di creare un “ufficio pubblico del consumo” che educhi i consumatori (introducendo un apposito insegnamento nella scuola secondaria) ed eserciti un controllo sulla qualità dei prodotti e sulla pubblicità, promuovendo la creazione di una Lega nazionale dei consumatori che raggruppi tutte le associazioni esistenti. (p.39)
– L’incremento delle disuguaglianze causato dal neo liberismo economico imperante crea nuove forme di povertà, trasforma l’indigenza in miseria, aumenta il potere dei ricchi. Accresce la corruzione della classe dirigente e concede inverosimili privilegi fiscali a una piccola oligarchia.
Nell’immediato proponiamo la costituzione di tre Consigli permanenti:
- Un Consiglio permanente di lotta contro le disuguaglianze…
- Un Consiglio permanente incaricato d’invertire lo squilibrio nel rapporto capitale-lavoro…
- Un Consiglio permanente che si occupi delle trasformazioni sociali e umane… (p.40-41)
– E’ di fondamentale importanza insegnare sì delle conoscenze, ma anche che cos’è la conoscenza…
– E’ di fondamentale importanza insegnare sì l’umanesimo, ma anche che cos’è l’essere umano nella sua triplice natura biologica, individuale e sociale, e diffondere una chiara coscienza della condizione umana, della sua storia, dei suoi meandri, delle sua contraddizioni, delle sue tragedie. (p.43)
– C’è complementarità e antagonismo tre le due missioni: adattarsi alla società e adattare questa a sè; l’una rinvia all’altra in un circolo che dovrebbe essere virtuoso. Non si tratta soltanto di modernizzare la cultura; si tratta anche di acculturare la modernità. (p.45)
– E’ necessaria una riforma del pensiero. … A un pensiero che differenzia bisogna sostituire un pensiero che associa e collega. Per questo la causalità unilineare e unidirezionale deve essere sostituita d una causalità ad anello, multireferenziale; la rigidità della logica classica deve tramutarsi in una dialogicità capace di concepire nozioni a un tempo complementari e antagoniste; alla consapevolezza che le parti siano integrate nel tutto va associata quella che il tutto sia integrato nelle parti. (p.46-47)
– Lo sviluppo di una democrazia cognitiva è possibile soltanto nel quadro di una riorganizzazione del sapere, che invoca una riforma di pensiero che consentirebbe non solo di separare per conoscere ma di collegare ciò che è separato. … Non si tratta di una riforma programmatica, ma paradigmatica, che riguarda il nostro modo di organizzare la conoscenza. (p.48)
– Gran parte della cultura riveste un carattere estetico (letteratura, musica, pittura). Una politica improntata al viver bene deve saper coltivare la poesia della vita, la quale implica una capacità di partecipazione affettiva, di ammirazione, di meraviglia. Essa ha perciò il dovere di promuovere la cultura estetica, che aiuta a vivere poeticamente. Spesso la partecipazione estetica ci umanizza. (p.48-49)
– Ecco dunque tutto quello che una politica della cultura dovrebbe promuovere: una politica dell’estetica che contribuisca a diffondere e democratizzare la poesia del vivere, a far sì che ciascuno possa conoscere belle emozioni e che ciascuno scopra le proprie verità attraverso dei capolavori, cosa che è accaduta ai due autori di questo libro. (p.50)
– Lo Stato si è notevolmente indebolito…. Noi proponiamo di preservare tutto quanto possa salvaguardare l’autonomia dello Stato,seppur in un contesto di interdipendenza: ovvero la sussidiarietà, intesa come principio complementare alla globalizzazione. (p.50)
– E’ innegabile che esistano dei processi di degradazione e inaridimento della democrazia. …. La politica del viver bene ha lo scopo di combattere non solo le miserie materiali, ma anche le ristrettezze morali, le forme di solitudine, le umiliazioni, il disprezzo, il rifiuto le incomprensioni (per questo si rende necessario, sin dalle elementari, l’insegnamento della comprensione dell’altro). (p.51-52)
– Cambiamento individuale e cambiamento sociale sono indissociabili, ciascuno da solo è insufficiente. La riforma della politica, la riforma del pensiero, la riforma della società, la riforma del modo di vivere contribuiranno insieme a una metamorfosi della società. La prospettiva di un avvenire radioso è morta, ma possiamo aprire la strada un futuro possibile. (p.52-53)
– Una politica del viver bene non potrà svilupparsi se non ci si deciderà a soffocare la piovra del capitalismo finanziario e la barbarie della purificazione nazionale. (p.53)
– Non vogliamo fondare un nuovo partito, né aderire a uno vecchio. Auspichiamo che si operi una rigenerazione a partire dalle quattro correnti che animano la sinistra:
. la corrente libertaria, che punta sulla libertà degli individui;
. la corrente socialista, che punta sul miglioramento della società;
. la corrente comunista, che punta sulla fratellanza comunitaria.
. Aggiungiamo la corrente ecologista, che punta a restituirci il legame e l’interdipendenza con la natura e, più profondamente, con la nostra Madre Terra, e riconosce nel nostro Sole la fonte di tutte le energie vitali. (p.55)
– Resta però la certezza che al giorno d’oggi abbiamo bisogno di una nuova politica, una politica del voler vivere e rivivere che ci strappi a un’apatia e a una rassegnazione mortali. Questa politica del voler vivere assumerà i tratti di una politica del viver bene quale l’abbiamo tratteggiata qui.
– Il voler vivere alimenta il viver bene, il viver bene alimenta il voler vivere; l’uno e l’altro, insieme, aprono il cammino della speranza. (p.57)
4.- STEPHANE HESSEL: Vivete. Castelvecchi, Roma 2012, p.55.
Di questo libricino mi limito a citarvi i titoletti dell’indice. Qui Hessel manifesta la sua dimensione più intima.
- Elevare se stessi in responsabilità.
- Sperare e agire per un’etica sociale universale.
- Coltivare l’amore.
- Riconoscere la propria felicità.
- Meditare la propria morte.
- Invecchiare e coltivare la propria identità.
P.S. – Di Hessel sono disponibili anche altri libri biografici, più voluminosi:
. A conti fatti… o quasi. Bompiani 2012.
. La danza con il secolo. ADD Editore 2011.
. Dalla parte giusta. Rizzoli 2011.
. e di Edgar Morin: La via. Per l’avvenire dell’umanità. Cortina Raffaello 2012.