Letture civili

Lc 22 – La rappresentanza politica

Lettura civile 22

Tutti noi adulti siamo anche genitori.

Due cose lasceremo ai nostri figli: questa terra e questa società.

Come gliele vogliamo lasciare?

 

Care Amiche e Cari amici,

introduco questa lettera con una riflessione su una affermazione di Enrico Giovannini esposta nell’introduzione del suo libro UTOPIA SOSTENIBILE (Laterza, Bari 2018) in cui analizza l’importanza e l’urgenza della sostenibilità del sistema economico perché altrimenti, egli sostiene, uno sviluppo economico non sostenibile genera una forte tensione sociale, sempre più grave fino a divenire insopportabile ed esplodere in conflitto sociale. In sintesi: l’insostenibilità economica genera conflitto sociale.

 

Politica sostenibile.

La mia riflessine è questa: la società soffre solamente a causa dell’insostenibilità dello sviluppo economico (e tecnologico, commerciale, finanziario, ecc.)? Forse che la società non può soffrire e divenire conflittuale anche a causa della sua stessa organizzazione, cioè per le regole che presiedono il suo stare insieme? Regole che sono essenziali per la politica. Ebbene, secondo me, la società può soffrire e divenire conflittuale non solo a causa di uno sviluppo economico insostenibile, ma anche per una politica insostenibile.

In Italia si parla da tempo di tante cause che rendono difficile e sofferente il rapporto tra società e politica: di disaffezione, di sfiducia, di disinteresse, di palazzo inaccessibile, di casta, di costi, di assenteismo, di leggi elettorali, di stabilità dei governi, ecc.

Sono problemi complessi, argomenti difficili, ma importanti per ogni cittadino. Si tratta del nostro stare insieme. Non c’è una via di fuga. Tu non ti interessi di politica, ma la politica si interessa di te. Ciò di cui non ti interessi tu, se ne interessano gli altri (probabilmente a danno tuo). Quindi parliamone! E concludo con un citazione famosa:“La democrazia (il nostro stare insieme politico) sopravviverà finchè se ne parlerà nei bar”. (Alexis de Toqueville, 1805-1859).

Con questo spirito, vi presento le mie riflessioni, per quanto modeste, su un problema che è certamente fondamentale per la convivenza politica nelle attuali democrazie rappresentative, ossia la rappresentanza. Accennerò infine ad altri problemi sicuramente più complessi, cioè la garanzia della rappresentanza e l’azione del governo.      Seguirò il seguente percorso.

 

 

 

 

 

LA RAPPRESENTANZA POLITICA

 

La rappresentanza politica in un sistema democratico si basa certamente sui seguenti tre principi:

  1. a) in democrazia si vota.

– considerazioni sulle nostre leggi elettorali e sugli artifici introdotti dai partiti

  1. b) in democrazia le leggi sono emanate dalla maggioranza.

– da quali maggioranze siamo governati?

  1. c) in democrazia sono elettori tutti i cittadini.

– non è possibile non votare

Appendice:

– rappresentanza proporzionale

– governo del Parlamento

 

Stella di orientamento per le mie riflessioni è ovviamente l’Art.48 c.1 e c.2 della nostra Costituzione.

Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.

Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.

 

 

1.- PRIMO PRINCIPIO: IN DEMOCRAZIA SI VOTA.

 

Premessa.

La democrazia degli Stati moderni è “democrazia rappresentativa”, integrata da alcuni eventi per la partecipazione diretta dei cittadini. Quindi la base di tutto il sistema democratico è il voto: l’atto con cui il cittadino delega ad altri il compito di rappresentarlo nell’assemblea che emana le leggi. E il voto viene espresso in conformità alle norme stabilite nelle leggi elettorali. Perciò non possiamo fare a meno di richiamare alla memoria, brevemente per quanto possibile, alcune essenziali norme delle nostre leggi elettorali. Cerchiamo di capire: sono forse esse stesse causa di sofferenza fra società e politica?

La Costituzione.

La nostra Costituzione dichiara che il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Ognuno dei quattro aggettivi elencati è irrinunciabile. E’ ovvio che un voto politico deve avere queste caratteristiche; nessuno rinuncerebbe ad una sola di esse. Se il nostro voto fosse privato di una di queste caratteristiche, dovremmo ammettere di non essere in uno Stato repubblicano e democratico perchè il Parlamento, se pure eletto, non rappresenterebbe la volontà degli elettori.

Tuttavia nella Costituzione non è stata definita una specifica legge elettorale (Art.56 e Art.58). E’ stata lasciata facoltà al parlamento di definire in seguito la tipologia e le caratteristiche specifiche delle leggi elettorali.

 

Le leggi elettorali.    

Si dice che le leggi elettorali hanno due funzioni: la rappresentanza e la governabilità. Ma in democrazia che senso ha un governo che si fonda su una rappresentanza non corretta? Eppure i partiti in Italia da alcuni decenni si preoccupano innanzi tutto di conseguire la stabilità del governo, trascurando o sottovalutando la rappresentanza; e cercano di conseguirle tramite maggioranze costruite artificiosamente, cioè modificando incessantemente le leggi elettorali.

https://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_elettorale_italiano#Elezioni_provinciali

 

 

A.- Artifici nelle leggi elettorali.

 

Scusate la prolissità dell’elenco che segue. Lo so, sono argomenti noti a tutti: si tratta di quei correttivi o “dettagli” che caratterizzano le leggi elettorali; sono introdotti per ottenere, si dice, un risultato che garantisca la governabilità. Sembra logico. I partiti ce li hanno talmente inculcati e giustificati che probabilmente ormai li consideriamo noi stessi ovvi, alcuni forse li riteniamo anche noi inevitabili o almeno utili e opportuni.

Eppure, se poniamo su di loro la nostra attenzione, balzerà ai nostri occhi lo stravolgimento che insieme essi compiono del nostro voto. Li ritroviamo diffusi con qualche variante in tutte le leggi elettorali attraverso le quali deleghiamo i nostri rappresentanti in tutte le istituzioni che ci governano: Parlamento, Regioni, Province, Comuni ed Unione Europea. E sicuramente, ma purtroppo, ce li ritroveremo, con qualche variante, anche nelle prossime “riforme” delle leggi elettorali. Sappiamolo!

 

Soglia di sbarramento.

E’ una correzione del risultato del voto popolare per evitare che un piccolo partito eserciti in parlamento un potere sproporzionato alla sua consistenza elettorale. Esempio: può un piccolo partito che ha riscosso il 2% dei voti determinare o impedire la formazione o la caduta di un governo, o di una legge? Detto così sembra utile adottare un criterio di buon senso e richiedere una percentuale minima più alta di voti per accedere al Parlamento; una necessaria imperfezione alla rappresentanza proporzionale allo scopo di garantire la formazione e l’attività del governo. Ma occorre prestare attenzione ad alcune conseguenze implicite in questa scelta per scoprire che non si tratta semplicemente di escludere un residuo marginale di elettori.

Come sono utilizzati i voti dei cittadini che votano un partito che non supera la soglia di sbarramento?     Ecco: nelle elezioni politiche bisogna distinguere se si tratta di partiti che corrono da soli o se sono in coalizione con altri. Nel primo caso non vengono conteggiati, nel secondo caso concorrono a far eleggere, anche con i resti, il miglior piazzato fra i più piccoli.

Un esempio riguardo al primo caso. Supponiamo che una legge elettorale stabilisca come soglia di sbarramento il superamento del 3% dei voti, cioè escluda dalla presenza in parlamento i candidati di quei partiti che non superano il 3% dei voti. E supponiamo che i partiti siano numerosi e che alcuni di loro rientrino in questa situazione. Chiamiamoli partito A, B, C, D, ecc. E supponiamo che ottengano queste percentuali di voti: A 2,50%, B 1,50%, C 2,75%, D 2,25%. Ognuno di loro resta escluso, e quindi la somma degli esclusi non è semplicemente il 3% ma il 9%. Il 9% di votanti non rappresentati in parlamento, cioè annullati, non è un dettaglio trascurabile!

Nel secondo caso, cioè se il partito piccolo è in coalizione con altri, i voti dei cittadini che hanno votato per lui servono ad eleggere candidati di altri partiti della coalizione.

Due osservazioni:

– la soglia “annulla” il voto di alcuni cittadini semplicemente perché sono pochi! Il cittadino di un partito che non supera la soglia è equiparato al cittadino che non ha votato. Votare è uguale a non votare? E’ rispettata l’uguaglianza del voto di tutti i cittadini?

– se il partito che non supera la soglia è in coalizione, i suoi voti non sono annullati ma sono utilizzati per eleggere altri candidati che, pur appartenendo a partiti della medesima coalizione che hanno superato la soglia di sbarramento, non sono stati personalmente votati a sufficienza per essere eletti. In pratica, cittadini votano per Giovanni, candidato del partito A, ma di fatto eleggono Giuseppe, candidato del partito B! E’ rispettata la libertà del loro voto?

 

Premio di maggioranza.

Problemi analoghi si hanno quando una legge elettorale prevede un premio di maggioranza per facilitare la formazione di un governo e la sua attività. Anche questa sembra una scelta dettata dal buon senso, ovvero la rinuncia alla rappresentanza perfetta in cambio di un governo più stabile.

Supponiamo che la legge elettorale preveda che il partito che raggiunge il 40% dei voti disponga in parlamento del 55% dei parlamentari. Obbiettivo raggiunto? Certamente. Ma a un prezzo!

Il partito che riceve il premio disporrà in parlamento non solo del 40% dei propri parlamentari eletti dai cittadini che l’hanno votato, ma anche di un 15% di parlamentari che i cittadini hanno eletto in altri partiti. Supponiamo che i partiti abbiano ricevuto le seguenti percentuali di voti a cui corrispondono i parlamentari: A 41%, B 30%, C 20%, D 15%, ecc. Affinchè il partito coi maggiori voti riceva il premio di 15% di parlamentari occorre toglierli agli altri partiti, quindi avremo: A 55%, B 25%, C 15%, D 10%, ecc. Cioè i cittadini hanno votato un candidato appartenente al proprio partito, ma di fatto hanno eletto un candidato appartenente al patito premiato, non votato a sufficienza dagli elettori per risultare eletto. E’ forse questo il modo per rispettare la libertà dei votanti?

Occorre, infine, precisare che il concetto di premio in questa situazione non è corretto. Il premio viene di solito attribuito nelle competizioni sportive, o per riconoscere l’impegno di una persona in una particolare attività. Esso non toglie nulla agli altri, riconosce semplicemente qualcosa in più a qualcuno. Ma in questa situazione invece il così detto premio attribuisce a uno ciò che toglie agli altri, ciò che essi hanno già acquisito, quindi si tratta di un furto. Non premio di maggioranza, ma furto di maggioranza.

 

Soglia di sbarramento + Premio di maggioranza.

Quando la soglia e il premio sono inclusi nella stessa legge elettorale è evidente che i loro effetti si sommano e infine la rappresentanza politica dei votanti risulta non trascurabilmente distorta. Non è sufficiente affidarsi al “buon senso” o considerare solamente gli “aspetti pratici” della politica. Bisogna riflettere sugli aspetti complessivi dello stare insieme.

Per concludere: quando un governo si basa non solo sui parlamentari eletti nel suo partito, ma anche sul 15% di parlamentari sottratti direttamente agli altri partiti, può essere ritenuto rappresentnte della volontà dei votanti?

 

Candidature plurime.

Siamo ormai talmente abituati alle canditure plurime che ci sembrano normali. Un candidato, di solito un leader, oppure un membro notabile della gerarchia del partito, o un personaggio in grado di attirare un buon pacchetto di voti, o semplicemente un parlamentare che “non deve perdere” la rielezione, viene candidato in molti seggi. Dopo il voto sceglierà (con quale criterio?) il seggio in cui si riconosce eletto; in tutti gli altri seggi “rinuncia” e al posto suo sarà eletto il secondo nella posizione della lista elettorale.

Questa usanza crea innanzitutto una duplice disparità di opportunità fra i candidati: a) fra il pluricandidato e gli altri candidati perché il primo usufruisce di un privilegio negato a tutti gli altri; b) e fra i candidati in seconda posizione della lista perché uno solo rimane “sfortunato”, cioè resta secondo o non eletto, mentre gli altri diventano primi ed eletti.

La pluricandidatura, inoltre, rende aleatorio il voto dell’elettore perché quando egli vota non può sapere quale candidato sarà eletto per mezzo del suo voto, se il primo o il secondo in lista. Un voto aleatorio è un voto libero?

 

Liste bloccate.

E’ stata una sgradevole sorpresa per gli italiani: votare un partito ma non poter indicare il loro candidato preferito. Erano abituati ad esprimere una o più preferenze. Vanno a votare, ma con la sensazione che la libertà del voto è dimezzata; un voto semilibero. E non si tratta solo di digerire una sensazione sgradevole, o un amaro boccone in vista di un bene maggiore; in realtà le liste bloccate sono il sintomo di un grave problema per la democrazia.

E’ la metamorfosi della funzione dei partiti, o meglio è la distorsione o la inversione della loro funzione. Riflettiamo su quanto è scritto nella Costituzione: Art.49 “Tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Quindi quei cittadini che riconoscono di condividere una comune visione politica, per esempio in base a tradizioni storiche, ad appartenenze sociali, si associano in un partito. Ma non si associano solamente per ragioni quantitative, cioè per fare numero o massa, ma soprattutto per ragioni qualitative, cioè per esprimere il loro contributo, per offrire idee ed esperienze per meglio realizzare il fine comune. E’ quindi essenziale che essi possano esprimersi all’interno del partito con “metodo democratico” in modo che i loro contributi, diversi ma finalizzati a generare una sintesi comune, possano contemporaneamente indicare i percorsi differenziati per raggiungerla. Tali contributi devono quindi essere considerati degni e legittimi di dibattito e di scelte, e devono essere rappresentati da candidati sia nella discussione interna del partito sia nella proposta che il partito offre ai cittadini in occasione delle elezioni. Solo così, i cittadini, siano essi membri del partito o semplici elettori, possono concorrere a determinare la politica nazionale. E’ quindi essenziale che nelle liste elettorali i cittadini possano scegliere fra i candidati che rappresentano almeno i più importanti percorsi differenziati presenti nel partito. Se così non fosse sarebbe impedito ai cittadini il loro “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Questa è la funzione, essenziale per la democrazia, delle “preferenze”. Diversamente, con le liste bloccate il partito (o il suo segretario) attribuisce a se stesso la funzione di determinare la politica nazionale, sottraendola ai cittadini; ad essi viene lasciata solamente la possibilità di approvare o respingere la sua proposta.

 

Ballottaggio

Il ballottaggio (praticato nelle elezioni comunali da 1983) può essere considerato una variante del premio di maggioranza poichè, come il premio, serve per creare in Consiglio una maggioranza stabile che non sia ostacolata dalla opposizione. Occorre crearla perchè i cittadini non l’hanno eletta! Anche in questo caso sembra una soluzione pratica e di buonsenso dare ai cittadini la possibilità di scegliere fra i due migliori concorrenti. Eppure c’è qualche problema non irrilevante:

– innanzitutto, si tratta di dare la possibilità a una minoranza, anche se è la minoranza maggiore, di divenire maggioranza assoluta in consiglio. E’ vero che questa possibilità è determinata dagli elettori, ma solo come seconda scelta. Di solito si dice che la scelta che conta è la prima!

– secondo, può accadere che il ballottaggio sia vinto non dal partito arrivato primo (la minoranza maggiore) nel primo turno elettorale, ma da quello arrivato secondo; in questo caso avviene non solo una “maggiorazione” ma anche una “inversione” del risultato del voto dei cittadini.

– terzo, il ballottaggio è sempre valido a prescindere dal numero dei votanti; non si richiede cioè una percentuale minima di votanti. Quindi può essere vinto anche da pochi o pochissimi votanti.

– infine, il ballottaggio, di per sé, diminuisce la libertà di voto del cittadino, perché, come è ovvio, “costringe” gli elettori a votare uno dei due candidati o a rinunciare. Infatti, nonostante il fascino del duello finale, sono tanti i cittadini che non partecipano al ballottaggio.

In conclusione: siccome al partito del vincitore del ballottaggio, sia che fosse primo o secondo nel primo turno elettorale, saranno attribuiti una forte maggioranza dei consiglieri (i 2/3, o i 3/5) a prescindere dalla percentuale dei voti ottenuti nel primo turno, e a prescindere anche dalla percentuale di votanti del ballottaggio, avviene una rilevante distorsione del risultato del voto: i consiglieri attribuiti ai partiti non corrispondono al numero dei voti espressi dai cittadini verso di loro.

 

Collegi uninominali

Questo è un sistema elettorale maggioritario che alcuni auspicano che sia adottato in tutte le elezioni anche in Italia. Tuttavia non si possono trascurare alcuni difetti di questo sistema:

.a) la rappresentanza: il fatto che tutti i cittadini di un collegio elettorale siano rappresentati solamente dal vincitore non attribuisce uguale rispetto al voto di tutti gli elettori. Uno, il vincitore, non è rappresentante di tutti; i non vincitori non sono rappresentati.

.b) non vi è una uguale rappresentanza fra i candidati eletti poiché un candidato può essere eletto in un collegio poco numeroso o con il minimo dei voti necessari per vincere sugli altri candidati, mentre un altro candidato può essere eletto in un collegio molto numeroso o con una differenza alta in confronto agli altri candidati. Quindi può accadere, ad esempio, che un candidato sia rappresentante di mille votanti e l’altro di settecento, generando a livello nazionale un risultato complessivo paradossale, cioè che un partito abbia più candidati eletti ma non più voti, e un altro abbia più voti ma meno candidati eletti.

.c) questo sistema enfatizza il ruolo del partito poiché esso propone/impone il candidato all’elettore. L’elettore che sceglie un partito è costretto a votare il candidato imposto, anche se non è di suo gradimento. Insomma chi vota è costretto a votare congiuntamente partito e candidato.

 

 

B.- Alcune considerazioni sulle singole leggi elettorali.

Rosatellum.

E’ la legge ancora in vigore per eleggere il Parlamento. Succede all’italicum, sanzionata parzialmente dalla Corte Costituzionale. Ci aspettiamo quindi che non riproponga alcuni errori già sanzionati in quella. Infatti, non sono stati riproposti formalmente né il ballottaggio né il premio di maggioranza. Ma…, vediamo!

– Maggioranza. Si tratta di una legge elettorale mista: per 2/3 proporzionale e 1/3 maggioritaria (con collegi uninominali e plurinominali). A quale scopo? Perché i collegi maggioritari, come abbiamo visto, possono fruttare ad alcuni più seggi ma meno voti e ad altri meno seggi ma più voti. Cosicchè, sommando i seggi vinti nei collegi proporzionali e quelli nei maggioritari, può comunque accadere che con circa il 40% dei voti un partito possa ottenere più del 50% di seggi in Parlamento, pur non essendo formalizzato il premio di maggioranza. Non è accaduto nel 2018, ma può accadere.

https://www.youtrend.it/2018/03/04/soglia-40-per-cento-vincere-elezioni-premio-di-maggioranza-rosatellum/

– Soglie di sbarramento. Per i partiti grandi che corrono da soli è il 3%; nessun problema per loro. Se i piccoli, che temono di non superarla, formano una coalizione, hanno due soglie: il 10% per la loro coalizione e contemporaneamente il 3% per almeno uno di loro; altrimenti tutti fuori!

– E dopo il voto: calcolare i voti della quota proporzionale, uninominale e plurinominale… fino a suddividere un voto in percentuali da attribuire a diverse sommatorie.

Sorvoliamo su altri dettagli, ma chiediamoci: può sapere l’elettore in quale percentuale sia stato suddiviso il suo voto?

http://www.libertaegiustizia.it/2019/10/12/rosatellum-le-6-regioni-non-sono-le-sole-a-volerlo-riformare/

https://www.google.com/search?q=rossatellum+voto+congiunto&oq=rossatellum+voto+congiunto&aqs=chrome..69i57.18366j0j7&sourceid=chrome&ie=UTF-8

 

Leggi elettorali regionali.

.a) Ogni Regione ha la propria legge elettorale. Quindi il voto di un cittadino di una Regione non è uguale a quello del cittadino di un’altra.

.b) Tutte le leggi elettorali regionali sono confezionate in modo tale che un partito diventi maggioranza “stabile”, cioè assoluta, anche se ha conseguito una maggioranza di voti semplicemente relativa, e senza un limite minimo, dei votanti. Anche nel caso che i votanti siano meno della metà degli elettori! E in alcune Regioni è successo. Comunque fondamentale è il premio di maggioranza! Un esempio: in Lombardia nel caso che il partito vincitore (del presidente) abbia ottenuto una maggioranza relativa dei voti espressi inferiore al 40% guadagna una maggioranza di seggi del 55% in Consiglio, se ha ottenuto una maggioranza relativa di voti superiore al 40% guadagna una maggioranza di seggi del 60%.

Insomma il voto dei cittadini è solamente indicativo, non è certo determinante per eleggere il candidato o il partito su cui ha posto la croce in cabina elettorale. Anzi, come in tutte le situazioni in cui si attribuisce il premio di maggioranza, molti cittadini votano un partito e un candidato, ma viene eletto un candidato di un altro partito.

https://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_elettorale_italiano

 

Legge elettorale provinciale.

Le Province non sono state abolite. E’ stata abolita l’elezione del Consiglio provinciale da parte dei cittadini; l’attuale consiglio è eletto dai consiglieri comunali e dai sindaci della provincia. Una elezione detta di secondo livello. I cittadini non vengono neppure informati di questo evento. Nelle province il premio di maggiorana assegna i 3/5 dei consiglieri alla coalizione vincitrice. L’elezione avviene poi tramite un complicato calcolo poiché il voto di ciascun elettore (consigliere o sindaco) sarà poi ponderato sulla base della popolazione di ciascun comune.

In conclusione, non sono state abolite le Province, ma sono stati aboliti gli elettori.

https://it.wikipedia.org/wiki/Consiglio_provinciale

 

 

Legge elettorale comunale

L’istituzione politica più amata dai cittadini è probabilmente il Comune; l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale è l’evento politico che maggiormente coinvolge i cittadini. Eppure anche in queste elezioni il loro voto non è determinante come si crede. Si tratta infatti di elezioni che dal 1983 si svolgono con criterio maggioritario e con il ballottaggio, e quindi il partito che supera il 50% dei votanti o che vince il ballottaggio guadagna il sindaco; e, di conseguenza, il Consiglio comunale sarà composto dai 3/5 o dai 2/3 dai candidati del suo partito, a prescindere dal reale risultato delle elezioni. Esempio: il partito A ottiene il 51% dei voti ottiene non il 51% dei consiglieri ma i 2/3 o i 3/5 (a seconda della dimensione della popolazione) che equivalgono a una maggioranza molto più ampia del consenso espressa dai votanti. Insomma, banalizzo con un esempio. E’ come se ai cittadini si dicesse: “Partecipate tutti a questa gara, il premio è una fetta di torta! Se gareggiate con la squadra che vince avrete una fetta di 60 grammi di torta, se gareggiate con la squadra che perde avrete una fetta di 40 grammi di torta”. Questa distorsione è poi ancora maggiore nel caso che il candidato vincitore al ballottaggio fosse risultato secondo al primo turno.

https://sistemielettorali.wordpress.com/2009/04/22/il-sistema-elettorale-dei-comuni-italiani/

 

Legge elettorale per il Parlamento europeo.

Sistema elettorale proporzionale con soglie di accesso:

.a) tutti gli Stati membri devono utilizzare un sistema basato sulla rappresentanza proporzionale.

.b) ogni Stato può introdurre una soglia minima per l’attribuzione dei seggi che non può superare il 5%. L’Italia applica il 4%.

http://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/21/il-parlamento-europeo-modalita-di-elezione

Legge elettorale italiana per il Parlamento europeo.

https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_elettorale_italiana_per_il_Parlamento_europeo

 

Una considerazione: il “deficit di democrazia” nella UE è riconosciuto da tutti. Rimediarvi non è facile:

.a) attribuire più poteri al Parlamento?

.b) introdurre una nuova istituzione intermedia?

Di questo discutono anche i seguenti autori.

– L.MARSILI e Y.VAROUFAKIS: Il terzo spazio. Otre establishment e populismo. Laterza, Bari 2017.

– S.HENNETTE, T.PIKETTY, G.SACRISTE, A.VAUCHEZ: Democratizzare l’Europa! Per un Trattato di democratizzazione dell’Europa. La nave di Teseo, Milano 2017.

Una decisione è comunque possibile e senza ostacoli: eliminare la soglia di sbarramento. Ogni Stato può farlo, perché l’Italia non lo fa? Facciamo un esempio per l’Italia. I cittadini italiani che vogliono sostenere una politica per l’ambiente creano una lista nazionale specifica per poi aggregarsi nel parlamento europeo con i “verdi” delle altre nazioni. Ma se non superano il 4% dei votanti in Italia restano esclusi da parlamento UE. Invece i “verdi” della Spagna, della Germania e altri partecipano qualunque sia la percentuale di voti ottenuta nella loro nazione. Perchè escludere i verdi italiani? In conclusione: eliminare il deficit di democrazia è difficile, ma diminuirlo è possibile e facile. Basta volerlo.

– F.Besostri: Ricorso contro la soglia di sbarramento nelle elezioni Europee.

https://www.facebook.com/simonepietro2016/posts/10214331692184569

 

Dalla preferenza alla percentuale.

Mi permetto un piccolo commento. Quando ho cominciato a votare, più di cinquanta anni fa, dopo lo scrutinio ogni elettore sapeva quanti voti aveva ricevuto il suo partito e il candidato cui aveva attribuito la preferenza. Oggi invece può accadere che il suo voto, o non sia conteggiato perché il suo partito non ha superato la soglia, o forse abbia contribuito, al fine di trasformare una minoranza in maggioranza, a eleggere qualcuno che egli non ha votato, o forse sia stato spalmato in diverse percentuali. E mi chiedo se il suo voto sia oggi “personale ed eguale, libero e segreto”.

 

 

Secondo principio: In democrazia le leggi sono emanate dalla maggioranza.

 

Elettori e votanti.

“Decidere a maggioranza” significa, in qualunque situazione, che almeno la metà più uno di tutti gli interessati, esprime il suo consenso a favore della proposta presentata e discussa. Similmente in politica “maggioranza” è ovviamente la metà più uno di tutti coloro che hanno il diritto di votare, cioè degli elettori.

Dobbiamo ricordare però che in Italia nei primi decenni della Repubblica quasi tutti gli elettori esercitavano il loro diritto-dovere; quindi il numero di elettori e votanti in sostanza coincideva; vi era una differenza detta fisiologica e tollerabile. Ma da alcuni decenni non è più così; i votanti sono diventati molto meno degli elettori. Questa differenza è detta, semplicemente e con una sostanziale indifferenza, “astensionismo”. E i politici, ma non solo loro, ne attribuiscono la responsabilità ai cittadini che non hanno votato. La conseguenza è che oggi in molte istituzioni elettive le leggi sono emanate da “maggioranze” che non rappresentano la maggioranza di tutti gli elettori, ma solamente quella dei votanti. E’ vera maggioranza democratica?

Oggi non possiamo trascurare la grande differenza che vi è fra votanti ed elettori. E’ tempo di distinguere chiaramente tra votanti ed elettori, poichè chi emana le leggi per tutta la comunità, cioè per tutti i cittadini elettori, deve rappresentare almeno la maggioranza di essa.

 

Minoranze maggiorate.

Si possono descrivere tre situazioni in cui il governo di una istituzione non è il rappresentante della maggioranza degli elettori:

.a) quando un partito che esercita il governo rappresenta la maggioranza dei votanti (almeno 50%+1), ma vi è stato un forte astensionismo. Esempio: se ha votato solamente il 60% degli elettori ne segue che la maggioranza dei votanti (50%+1) non rappresenta la maggioranza degli elettori.

.b) quando la legge elettorale prevede che un partito che raggiunge una data percentuale dei votanti (es.40%, o comunque la minoranza maggiore anche con percentuale inferiore) riceva in premio una congrua quantità di eletti, ovviamente tutti appartenenti al medesimo partito, fino ad avere la maggioranza assoluta nel Parlamento.

.c) quando i votanti sono meno del 50% degli elettori, ovvero quando l’astensionismo supera il 50%.

Nelle situazioni citate sarebbe possibile formare delle maggioranze che rappresentino la maggioranza degli elettori?

.a) Sì: bisognerebbe formare una coalizione che aggreghi tanti altri partiti fino a raggiungere insieme una maggioranza che rappresenti la maggioranza degli elettori. Può essere interessante l‘esempio della Svizzera dove il governo è formato dai quattro partiti che hanno ricevuto più voti. Non vi è certezza, ma si può ragionevolmente prespumere che i primi quattro partiti abbiano ricevuto, insieme, la maggioranza dei voti degli elettori. E’ il governo della “concordanza”. https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/010095/2016-04-13/. E anche l’esempio dei Romani, presso i quali le tre tribù che hanno dato origine allo Stato erano ugualmente rappresentate e governavano non per maggiorana ma per sinoichia o sinoichismo (sun-oikos) cioè “unione di stirpi”. http://zibaldone-sergio.blogspot.com/2017/05/sovranita-e-democrazia-dalla-citta_7.html

.b) No: perché in questo caso è legittimato, in democrazia, un governo che non rappresenta la maggioranza degli elettori. Semplicemente si affida il governo alla minoranza maggiore.

.c) No: si può semplicemente riconoscere che è un governo che non ha il consenso dei cittadini.

Insomma, non dovremmo trarne qualche conseguenza? Eppure noi stiamo semplicemente ignorando il problema! A parole nessuno nega il principio che in democrazia le leggi debbono essere emanate dalla maggioranza. Ma nella realtà ci lasciamo governare da maggioranze che non rappresentano la maggioranza degli elettori.

Per porre termine a questa contraddizione, fra il principio della democrazia e la sua pratica, occorre che la maggioranza, e il quoziente elettorale, siano calcolati in riferimento al numero totale degli elettori, non dei soli votanti.

 

La stabilità dei governi?

E’ palese che tutte le riforme recenti delle leggi elettorali tendono a garantire la stabilità dei governi aggregando o costruendo artificiosamente la maggioranza che li sostiene. Deleteria tendenza che toglie importanza alla corretta rappresentanza, che non può essere che proporzionale. Toglie anche validità al voto del cittadino. E distoglie il giudizio del cittadino da altre imprescindibili e più importanti qualità di un governo: efficienza, competenza, lungimiranza, sensibilità ai diritti sociali, coesione fra i ceti sociali, ecc. A che servirebbe un governo stabile senza queste qualità?

 

Dalla sovranità al capo?

Sembra che gli italiani da alcuni decenni si siano ammalati di governite. Come gli ipocondriaci parlano solo dei loro mali (presunti), così loro parlano solo di governo, di governabilità, di stabilità del governo, ecc.; non parlano più di sovranità del popolo cioè dei cittadini che hanno il diritto e il dovere di concorrere a determinare la politica nazionale. Scopo delle elezioni è diventato unicamente quello di poter sapere, la sera stessa dello scrutinio, chi governerà, da subito! Spero di poter,o dire solo per scherzo: siamo (rimasti o diventati) bisognosi del capo; non lasciateci una notte senza capo!

Ecco perchè le leggi elettorali sono sempre “riformate” al fine di ottenere un “governo stabile” invece di una partecipazione il più possibile ampia e che rappresenti tutte le voci e tutti i contributi che i cittadini possono e devono offrire alla convivenza democratica. Eppure per curare la democrazia non basta “più governo”, ma occorre innanzitutto “più partecipazione”.

 

 

TERZO PRINCIPIO: In democrazia SONO ELETTORI TUTTI I CITTADINI.

 

Premessa.

Il suffragio universale costituisce una cesura sostanziale con la “democrazia liberale” precedente, quando democrazia significava da una parte abolizione del potere assoluto del re, ma dall’altra una continuità sostanziale nella gestione del potere, limitata ai ceti sociali privilegiati per potere, ricchezza, istruzione e di sesso maschile. Non a tutti quindi era permesso partecipare, e per gli altri, cui era consentito partecipare, non era un obbligo; era facoltativo partecipare alla gestione politica della nazione. Oggi invece la nostra Costituzione richiede che tutti i cittadini partecipino alla vita politica (art.3 e 49).

Riteniamo quindi possibile negare l’astensionismo? Fino a che limite? Conviene ammettere che abbiamo un problema: non è forse necessario comprendere quale significato ha l’astensionismo in democrazia? Ogni cittadino che non partecipa è un contributo mancato.

 

La comunicazione politica.

.a) Il voto è un atto di comunicazione politica quindi occorre applicare anche alla politica il primo assioma della comunicazione: “non è possibile non comunicare” (P.WATZLAVICK – J.H.BEAVIN – D.D.JACKSON: Pragmatica della comunicazione umana. Astrolabio 1971) diviene in politica “non è possibile non votare”. Come non è possibile trascurare il significato di una “non comunicazione”, così non è possibile trascurare il significato di un “non voto”, o più precisamente di un “voto non espresso”.

.b) “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età” art.48. Quindi le istituzioni politiche devono rappresentare tutti gli elettori, non solo i votanti. Non possiamo ignorare o disconoscere chi non esprime il voto; sono elettori assenti, ma anche loro appartengono alla comunità. Quindi è necessario comprendere il significato anche del “voto non espresso” e dare anche ad esso una rappresentanza.

.c) “Il suo esercizio è dovere civico”. Può la comunità non curarsi di questo dovere civico e lasciarlo con indifferenza all’arbitrio del cittadino? E’ forse questo l’atteggiamento della comunità verso gli altri doveri civici (il contributo fiscale, l’istruzione dei figli, ecc.)? Può il voto essere l’unico dovere civico di cui la comunità non si ritiene responsabile?

 

Riconoscere il voto non espresso.

Non è certamente facile attribuire al voto non espresso il significato complesso che esso racchiude. Il voto non espresso è un comportamento multi determinato, cioè non dipende da una sola causa. Fra le più evidenti ricordiamo:

.a) il cittadino non riconosce nelle proposte dei partiti e dei loro candidati una soluzione ai problemi conforme alla sua visione sociale, economica, culturale, ecc. Non c’è una proposta che lo convinca e lo motivi ad esprimere un voto.

.b) il cittadino non riconosce nei candidati quella misura di “dignità e onore” necessaria per svolgere la funzione pubblica.

.c) non è plausibile oggi, anche se a molti fa comodo sostenerlo, che il cittadino sia semplicemente disinteressato, disinformato, negligente, indifferente, ecc. Ma se così fosse dovremmo preoccuparcene!

 

Quoziente elettorale

Dobbiamo almeno prenderne atto: dobbiamo riconoscere che tanti cittadini elettori avrebbero potuto eleggere i candidati che si sono presentati loro, ma non li hanno eletti. Attualmente per scoprire chi è stato eletto si calcola il quoziente elettorale, cioè il rapporto fra il numero dei votanti (precisamente, dei voti validi) e il numero dei seggi; in tal modo sia che i votanti siano molti o pochi, in ogni caso tutti i seggi saranno vinti. Se invece calcoliamo il quoziente elettorale in base agli elettori, constatiamo che il numero dei candidati eletti corrisponde in percentuale al numero dei votanti; gli altri seggi rimangono non assegnati perché il loro numero corrisponde in percentuale al numero di chi non ha espresso il voto. Siccome i candidati che avrebbero potuto occupare o vincere quei seggi non sono stati eletti i loro seggi sono rimasti vuoti, e tali devono rimanere per volontà di chi non li ha eletti. Se tutti gli elettori avessero votato, tutti i seggi sarebbero stati occupati; se una parte degli elettori non ha votato, una parte dei seggi deve rimanere vuota.

Sintetizzando: se il quoziente elettorale fosse calcolato in base al numero degli elettori, e non dei solo votanti, offrirebbe riconoscimento anche al voto non espresso. Attribuirebbe uguaglianza al voto, espresso o non espresso, di tutti gli elettori.

 

Integrazione: elezioni e sorteggio.

E’ esperienza comune che quando ci troviamo ingessati in un problema di cui, nonostante vari tentativi, non vediamo la soluzione, conviene esaminarlo da un altro punto di vista o meglio conviene riconsiderare con attenzione il contesto in cui esso si colloca, e reinterpretarlo. Posso riferire una citazione nota: non possiamo risolvere un problema finchè pensiamo come quando lo abbiamo creato, bisogna pensare in un modo nuovo.

Ora, il contesto in cui sorge l’astensionismo è il sistema della democrazia rappresentativa. Dall’epoca della democrazia liberale le elezioni sono ritenute lo strumento unico per costruire la rappresentanza democratica.

Posso tuttavia segnalarvi un autore che presenta molte riflessioni sulla odierna validità delle elezioni. Vi trovate una approfondita analisi delle condizioni e dei condizionamenti che rendono oggi le elezioni politiche uno strumento tradizionale e apparentemente sicuro, ma in realtà molto problematico per la gestione della democrazia.

– BERNARD MANIN: Principi del governo rappresentativo. Il Mulino, Bologna 2010.

Da anni anche altri autori propongono, o non escludono, di costruire la rappresentanza democratica, sull’esempio di governi illustri del passato, anche mediante il sorteggio.

– ALDO SCHIAVONE: Non ti delego. Perché abbiamo smesso di credere nella loro politica. Rizzoli, Milano 2013

– DAVID VAN REYBROUK: Contro le elezioni. Perché votare non è più democratico. Feltrinelli, Milano 2015

– NICOLA ROSSI: Flat tax. Aliquota unica e minimo vitale per un fisco semplice ed equo. Marsilio Editori, Venezia 2018

In particolare per la situazione italiana gli autori del seguente testo propongono di integrare il numero dei parlamentari eletti tramite le elezioni con un adeguato numero (circa un terzo) di parlamentari sorteggiati.

M.Caserta, C.Garofalo, A.Pluchino, A.Rapisarda, S.Spagano: Demorazia a sorte. Ovvero la sorte della democrazia. Malcor D’ Edizione, Catania 2012

Essi citano anche altre proposte sullo stesso problema:

– “quella di Michele Ainis di prevedere una Camera di cittadini estratti a sorte (Corriere della Sera del 02/01/2012)”,

– “quella di Paolo Flores d’Arcais (Il Fatto Quotidiano del 24/04/2012) di dare ai cittadini, al momento del voto, l’alternativa di esprimere la propria preferenza per un partito/candidato o di iscriversi ad un sorteggio, riservando poi ai sorteggiati una percentuale di seggi pari a quella di chi non ha dato fiducia ai partiti. Quest’ultima proposta è particolarmente interessante in quanto consentirebbe di tradurre l’astensionismo in una occasione di partecipazione concreta”

 

Ecco, io mi associo a coloro che propongono di integrare elezioni e sorteggio. Penso che ci troviamo nella classica situazione in cui per risolvere un problema abbiamo l’opportunità di raggiungere due obbiettivi:

.a) stimolare i partiti a presentare programmi convincenti e candidati con “dignità e onore”.

.a) offrire agli elettori che non si sono riconoscono nelle proposte dei partiti l’opportunità di partecipare alla gestione della comunità; una partecipazione che non si limita a “delegare” ma a porre in gioco personalmente il loro contributo.

Non mi dispiace pensare a una rappresentanza mista: più sono gli eletti, meno sono i sorteggiati; meno sono gli eletti, più sono i sorteggiati. Credo che possa essere per tutti una sana competizione in cui possono sentirsi coinvolti tutti gli elettori.

E’ facile costruire una rappresentanza mista? Certamente no. Ma è difficile anche salvare la nostra democrazia affidandosi solamente alle elezioni. Occorre volere. Ovviamente ci sono tanti dettagli da prendere in considerazione. Occorre parlarne e discuterne, avanzare proposte e ascoltarne altre. “La democrazia vivrà finchè se ne parlerà nei bar”. Nel silenzio la democrazia muore.

 

Politica sostenibile

E per concludere. Come rispondere alla domanda iniziale:“E’ la nostra una politica sostenibile?”. Sinceramente la mia risposta non è entusiasticamente affermativa. Purtroppo la base della nostra politica, cioè la rappresentanza, è stata troppo manipolata. Bisogna che sorga nella società un impegno personale e pubblico, di cittadini e di legislatori, a farla tornare chiara e semplice.

 

 

APPENDICE: COSTITUZIONE E GOVERNO

 

A.- Una rappresentanza di tutti gli elettori.

1) Nella nostra Costituzione sono state poste delle garanzie a tutela dei principi fondamentali della democrazia. Anche la rappresentanza è certamente un principio fondamentale per la democrazia. Perché dunque non esplicitare nella Costituzione stessa le norme per eleggere gli organi della rappresentanza (Parlamento, e Consigli regionali, provinciali e comunali)? Da essi dipendono poi i governi delle nostre istituzioni politiche. (L.FERRAJOLI: La democrazia costituzionale. Il Mulino 2016)

Occorre introdurre un articolo nella Costituzione che definisca con quale criterio gli elettori eleggono i loro rappresentanti.

2) Tutte le Istituzioni elettive politiche devono essere elette tramite una legge elettorale fondata sullo stesso criterio.

Siccome è riconosciuto che l’unico criterio adatto per eleggere una rappresentanza reale di tutti gli elettori, e che, aggiungo, rispetta le quattro caratteristiche del voto citate nella Costituzione, è quello proporzionale, quindi nella Costituzione deve essere garantita una legge elettorale proporzionale pura con la possibilità di indicare i candidati preferiti. No sbarramenti, no premi, no candidature plurime, no liste bloccate, no ripescaggi, no ballottaggi, ecc. Lo sbarramento naturale per accedere al Parlamento o ai Consigli è il quoziente elettorale calcolato sulla base degli elettori.

3) Il quoziente elettorale deve essere calcolato sulla base degli elettori, non dei soli votanti. Solo in questo modo sarà riconosciuto in politica anche il voto non espresso. Non è possibile non votare.

4) Il risultato delle elezioni sarà così pubblicato:

a) il numero totale degli elettori e dei votanti,

b) la percentuale dei votanti su tutti gli elettori,

c) il numero dei voti ottenuto da ogni partito e la loro percentuale sulla base di tutti gli elettori.

5) Introdurre norme per formare una rappresentanza integrata fra eletti e sorteggiati.

 

B.- La formazione e l’azione del governo.

a. Nella democrazia parlamentare il Governo è nominato dal Presidente della Repubblica (Art.92 e 93), e riceve la fiducia del Parlamento (Art.94)

b. La sua attività legislativa è sostenuta dal Parlamento. Possiamo immaginare un Parlamento che non sia scisso rigidamente in maggioranza e opposizione? Un Parlamento dove alcuni concetti e relative pratiche, quali il confronto, il dialogo, l’interesse per il bene comune, il compromesso come luogo della decisione che intermedia fra visioni contrapposte, possano recuperare dignità e onore?

c. Il Parlamento sostiene l’attività legislativa del Governo tramite il dignitoso “compromesso parlamentare” dei parlamentari, a prescindere dalla loro affiliazione ai gruppi parlamentari (partiti), in forza del principio costituzionale che ognuno di loro (e solo loro) rappresenta la Nazione ed esercita la sue funzioni senza vincolo di mandato (Art.67).

d. Il compromesso parlamentare dei parlamentari si forma sulle singole proposte di legge.

Infine, scusate l’autocitazione, anche nella Lettura civile n.14 vi ho già presentato una ipotesi di Governo del Parlamento https://pace3016.com/2018/01/13/rappresentanza-e-governabilita/

 

 

 

Varese 20.10.2019                                                                                           Mario Cucchi

nonno.nuvola@tin.it

nonno.nuvola@gmail.com

www.pace3016.com

 

 

 

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