Cari amici,
è nostro costume in alcune occasioni comperare per noi stessi o per i nostri amici un regalo. Anche il Natale è una di queste occasioni.
Considerando che non mi è possibile inviare a tutti voi un regalo, mi permetto di inviarvi un suggerimento. Vorrei segnalarvi alcuni libri che ho letto e che ritengo importanti (o sicuramente utili) per acquisire consapevolezza sul momento politico, sociale, economico che stiamo vivendo (potrei definirle letture civili). Mi sono permesso di allegare a ogni libro una breve presentazione (fra le tante disponibili), potete leggerle se volete, oppure no. A tutti Buona lettura (civile)!
A tutti voi mando soprattutto un cordialissimo saluto e tanti auguri!!!!!
Mario
Libri molto piccoli e molto facili:
1 – DEMOCRAZIA di Gherardo Colommbo, Bollati Boringhieri 2011
Imperfetta, esigente, fragile. Eppure irrinunciabile, perché non ha rivali se si tratta di garantire la ricerca della felicità individuale, nel rispetto e nella considerazione degli altri. È la democrazia. La respiriamo ogni giorno, fa così parte del nostro paesaggio mentale e del nostro vocabolario di base che avremmo difficoltà a delinearne i connotati, come accade quando qualcosa ci sembra troppo familiare. Probabilmente non andremmo oltre la definizione scolastica, «governo del popolo», senza sospettare che niente è ovvio in quei due concetti, governo e popolo, e che coniugarli comporta premesse e conseguenze di estremo rilievo. Di più: implica che ciascuno di noi assuma un ruolo consapevole e attivo, non si accontenti di delegare chi lo rappresenta. Per governare una società complessa occorre infatti stabilire principi, regole, finalità, limiti, ma anche educare alla cittadinanza. «Democrazia» significa tutto ciò. Lo spiega benissimo Gherardo Colombo, con la semplice cordialità di chi compie un gesto civile. Maneggiate da lui, le parole dense di una elaborazione secolare – libertà, diritti, doveri, uguaglianza, giustizia – rivelano una stretta pertinenza con i modi del vivere insieme, qui e ora, e riservano qualche sorpresa. Alla fine è ancora più chiaro che la democrazia, la si chiami forma di governo o modello organizzativo della società, parla di noi, della nostra sofferta perfettibilità.
2 – EDUCARE ALLA LEGALITA’ di Gherardo Colombo, Salani 2011
Educare alla legalità. Suggerimenti pratici e non per genitori e insegnanti, di Gherardo Colombo e Anna Sarfatti, completa ed amplia il precedente volume scritto dai due autori, dal titolo “Sei Stato tu? La Costituzione attraverso le domande dei bambini”. E’ un manuale che serve da supporto a genitori, insegnanti e a tutte le persone che lavorano o che hanno a che fare con la formazione dei bambini e dei giovani. Il volume, mediante l’analisi e l’approfondimento di alcuni degli articoli fondamentali della Costituzione italiana, aiuta ad esprimere e ad insegnare quelle regole che servono a costruire una società civile, in nome della legalità e nel rispetto dei principi che la governano. Grazie all’esperienza diretta dei due autori, questo saggio è uno strumento indispensabile per l’educazione in giovane età, facendo in modo che, attraverso numerosi esempi concreti e un linguaggio semplice e immediato, i ragazzi possano apprendere in modo immediato concetti complessi. Anna Sarfatti è infatti insegnante di scuola primaria, nonché scrittrice di numerosi libri per bambini, mentre Gherardo Colombo, prima di dedicarsi al mestiere di scrittore, è stato un magistrato divenuto famoso per aver condotto e contribuito a inchieste importanti quali la scoperta della Loggia P2 e Mani Pulite. Educare alla legalità, di Colombo e Sarfatti, offre una solida base per la formazione degli italiani di domani.
3 – IMPEGNATEVI di Stéphan Hessel, Salani Editore 2011
Dopo il grande successo di Indignatevi!, il libricino in cui Stéphan Hessel si rivolge ai giovani francesi per esortarli a ribellarsi alle brutture della società attuale, l’autore torna nuovamente a parlare con i giovani con il suo nuovo Impegnatevi!, Engagez-vous!
Il libro, pubblicato in Francia il 10 marzo scorso, sta per essere pubblicato anche nel nostro Paese dalla casa editrice Salani: la data d’uscita è il prossimo 19 maggio 2011 (110 pp., 10,00 €).
Il 93enne Stéphan Hessel torna, quindi, a occuparsi dei grandi temi di attualità che oggi dividono non solo i francesi, ma anche gli italiani: la crisi e i compiti delle istituzioni internazionali, la politica dello sviluppo sostenibile e durevole, la necessità di costruire delle alternative per i giovani che si affacciano sul mondo del lavoro, la coscienza ecologica, il dialogo intergenerazionale e la necessità per i giovani di immaginare il proprio futuro e lottare per riuscire a costruirlo.
Per la realizzazione del suo nuovo libro, Impegnatevi!, Stéphan Hessel recupera la sua intervista a un giovane laureato francese di 25 anni, Gilles Vanderpooten realizzando un vero e proprio scambio di idee, valori e prospettive. Due generazioni a confronto, quindi: Giller Vanderpooten, 25 anni, e Stéphan Hessel, 93 anni.
Le parole di Gilles, in particolare, mostrano come anche in Francia, le prospettive di lavoro per i giovani laureati siano davvero preoccupanti. Stéphan Hessel esorta, quindi, i giovani all’azione, l’unico modo per cambiare la società attuale e creare un futuro migliore.
4 – IL VANGELO DI UN UTOPISTA con LE PREGHIERE DI UN UTOPISTA di Don Andrea Gallo, Aliberti Editore 2011
“Quando sei convinto che a trecento metri ci sia quello che vuoi raggiungere, li percorri e ti rendi conto che l’utopia è trecento metri più in là. Per questo ti dici: “Allora è veramente irrealizzabile”. Invece no, perché c’è un aspetto positivo: che si sta camminando, e l’utopia si realizza strada facendo”.
Torna Don Andrea Gallo con un appassionante libro:”Il Vangelo di un utopista”.
Prolifico e infervorato scrittore, Don Andrea Gallo tocca i temi più scottanti dell’attualità spronando, sopratutto i giovani, ad impegnarsi per costruire un mondo di giustizia e di pace sociale. “Cambiare il nostro quotidiano e, di conseguenza, cambiare il mondo” è il motto di Don Andrea Gallo reduce dal precedente successo editoriale: “Di sana e robusta costitituzione” in cui ripercorre i punti cardine della carta costituzionale facendone una “bussola” per non smarrirsi nel mare in tempesta, davanti a soprusi e ingiustizie, e prendersi le proprie responsabilità.
In questo nuovo saggio, invece, l’autore riparte dal vangelo: “Il Vangelo è vita, è liberazione, è il gusto e il rischio della vita”. E parla dei suoi personalissimi “vangeli“. Il primo è il messaggio che tutti, credenti e non credenti, possono cercare la verità costruendo un’unica grande famiglia umana. Il secondo è la Pace, la giustizia verso i più poveri, i senza dignità, non come frutto della carità-elemosina, ma del riscatto storico e della giustizia. Il terzo è appunto l’utopia, perché Gesù è nell’orizzonte della speranza del regno. Il quarto è la sobrietà, primo passo verso la solidarietà; il quinto, la Costituzione della Repubblica italiana, che è democratica, laica, antifascista, «e non è un optional, l’antifascismo, per nessun cittadino». L’ultimo è il “vangelo” lasciatoci da Fabrizio De André ed Ernesto Balducci, i quali ci dicono che «l’unica strada possibile è incarnarsi nella vita dei poveri e degli esclusi, non per essere travolti e abbassati, ma per vivere insieme a loro la liberazione reale».
«Quando gli uomini e le donne cercano di entrare in contatto con Dio, allora nascono le preghiere: ci sono anche delle formule prefissate, ma la vera preghiera è l’espressione che viene dal profondo del cuore».
Libri un poco impegnativi:
5 – LA DEMOCRAZIA DISPOTICA di Michele Ciliberto, Laterza 2011 (può essere sufficiente leggere almeno la seconda parte)
Questo libro nasce da una doppia interrogazione: sulla democrazia e sulla situazione attuale del nostro Paese. Si sofferma su alcuni classici della democrazia fra Otto e Novecento e su questo sfondo interpreta il fenomeno del berlusconismo. È stato infatti Tocqueville a segnalare i rischi dispotici della democrazia con due esiti possibili: diventare tutti eguali e tutti schiavi oppure tutti eguali e tutti liberi. Ma la storia europea moderna ha dimostrato che la prima possibilità è più concreta della seconda: quello che, infatti, sta crescendo è un potere sociale che assume il controllo di tutti, togliendo autonomia e responsabilità ai singoli, i quali a loro volta delegano a questo potere la gestione della loro vita. Non si tratta di un problema solo italiano; né di un morbo che affligge solo la destra. È una tendenza dell’epoca nella quale si intrecciano dispotismo, plebiscitarismo, populismo, dinamiche di tipo carismatico. Per questo “il berlusconismo è una forma patologica della democrazia dei ‘moderni’; appartiene alla storia e alle metamorfosi della democrazia occidentale; e in questo senso, come oggi riguarda l’Italia, così può riguardare anche altre democrazie europee”.
6 – FINANZCAPITALISMO di Luciano Gallino, Einaudi 2011
La mega-macchina del finanzcapitalismo è giunta ad asservire ai propri scopi di estrazione del valore ogni aspetto come ogni angolo del mondo contemporaneo. Un simile successo non è dovuto a un’economia che con le sue innovazioni ha travolto la politica, bensì a una politica che ha identificato i propri fini con quelli dell’economia finanziaria, adoperandosi con ogni mezzo per favorire la sua ascesa. In tal modo la politica ha abdicato al proprio compito storico di incivilire, governando l’economia, la convivenza umana. Ma non si è limitata a questo. Ha contribuito a trasformare il finanzcapitalismo nel sistema politico dominante a livello mondiale, capace di unificare le civiltà preesistenti in una sola civiltà-mondo, e al tempo stesso di svuotare di sostanza e di senso il processo democratico.
Luciano Gallino, Finanzcapitalismo
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Nel pieno della «tempesta perfetta», cominciata alla fine dell’estate 2007 e ancora drammaticamente reale, Luciano Gallino esplora con rigore scientifico e acume filosofico le deformazioni di un sistema che sembra aver abbandonato l’idea della produzione di valore a favore di metodi più veloci – e apparentemente più redditizi – di «estrazione». Un termine, questo, che rimanda immediatamente allo sfruttamento delle risorse naturali, ma che è estendibile, senza forzature, anche allo sfruttamento dell’essere umano. Un sistema così concepito, spiega Gallino, trasforma l’impresa post-capitalistica in una mega-macchina sociale che tende ad abbracciare «ogni momento e aspetto dell’esistenza […] dalla nascita alla morte o all’estinzione». Il finanzcapitalismo non è certo la prima mega-macchina con cui ci troviamo ad avere a che fare, persino l’organizzazione che consentiva nell’antico Egitto la costruzione delle piramidi lo era. Ma il finanzcapitalismo ha superato tutte le precedenti in pervasività e radicalizzazione del proprio scopo, costituendosi come la struttura capillare «di tutti i sottosistemi sociali, di tutti gli strati della società, della natura e della persona». Siamo nel mezzo della più grande operazione di sfruttamento che la storia abbia mai conosciuto. Eppure, ci dice Gallino, è ancora possibile uscirne: ciò che è necessario è un movimento di riappropriazione delle nostre facoltà intellettive e affettive, una vera e propria rivoluzione della ragione contro gli eccessi della finanza.
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Finanzcapitalismo è «il saggio della crisi»… il più completo e il più scientifico di tutti quelli che mi è capitato di leggere… Un viaggio dentro i deliri cinici, e a volte addirittura clinici, del mercatismo… Un’analisi storica e sociologica, oltre che economica, del processo che ha cambiato i connotati del sistema.
Massimo Giannini, la Repubblica
7 – IL CONTAGIO di Loretta Napoleooni, Rizzoli 2011
Contro l’avidità dell’alta finanza predatrice, contro la corruzione della politica, contro istituzioni internazionali inefficienti, esplode la rivolta sullo sfondo del crollo dell’euro.
LA NUOVA PANDEMIA SI CHIAMA: RIPRENDIAMOCI LA DEMOCRAZIA.
“Il giorno in cui finiranno i nostri risparmi, quando noi genitori europei non ci saremo più e scompariranno stipendi e pensioni, che differenza ci sarà tra gli emigrati africani e i nostri figli?
RIPRENDIAMOCI la politica, l’economia, un lavoro, una vita dignitosa: è questo il grido che si leva unanime dalle sponde del Mediterraneo. Monta la consapevolezza che la crisi che oggi minaccia di annientarci viene da lontano, erede di una lunga serie di catastrofi – dall’Argentina alla bolla dei mercati asiatici ai crack statunitensi – ormai troppo numerose per essere casuali. È ora di ammetterlo: è l’alleanza tra una politica sempre più corrotta e una finanza sempre più avida che ha sequestrato la nostra democrazia e ci sta portando alla rovina. Mentre istituzioni di controllo come la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale intervengono a peggiorare la situazione. Dalla primavera araba, che ha abbattuto i regimi dittatoriali della Tunisia e dell’Egitto, arriva una nuova ventata di protesta e di impegno. La rivoluzione sta dilagando in Europa, nella Spagna degli Indignados, in Grecia, in Italia con la mobilitazione referendaria, il popolo Viola, il movimento “Se non ora quando?”. La parola d’ordine è: Basta! I protagonisti sono soprattutto i giovani, quelli a cui la politica ha riservato precariato, disoccupazione e lo spettro di una nuova povertà. Sul Mediterraneo, fa notare Napoleoni, si affacciano Paesi molto simili fra loro: economie avariate, oligarchie corrotte, disoccupazione e mancanza di servizi sociali, un sistema che regolarmente sceglie di garantire i privilegi di pochi a scapito della maggioranza. E come sulla sponda sud, anche su quella nord è il momento di riprenderci la democrazia, sostituendo istituzioni ormai agonizzanti con una post politica 2.0 trasparente e partecipativa. Il futuro ricomincia da noi.
8 – BENI COMUNI di Ugo Mattei, Laterza 2011
“Quando lo Stato privatizza una ferrovia, una linea aerea o la sanità, o cerca di privatizzare il servizio idrico integrato (cioè l’acqua potabile) o l’università, esso espropria la comunità (ogni suo singolo membro prò quota) dei suoi beni comuni (proprietà comune), in modo esattamente analogo e speculare rispetto a ciò che succede quando si espropria una proprietà privata per costruire una strada o un’altra opera pubblica”. In questo agile volume Ugo Mattei ragiona attorno a un tema di grande attualità internazionale perché pensare ai beni comuni significa “innanzitutto utilizzare una chiave autenticamente globale che pone al centro il problema dell’accesso e dell’uguaglianza reale delle possibilità su questo pianeta”. Dalla lotta per l’università e la scuola pubblica a quella per l’informazione critica; dalle battaglie contro il precariato e per un lavoro di qualità a quelle contro lo scempio e il consumo del territorio; dalla lotta contro la privatizzazione della rete internet a quella contro le grandi opere (TAV, Dal Molin, Ponte sullo stretto), i beni comuni ci riguardano da vicino. Ugo Mattei li considera come riconquista di spazi pubblici autenticamente democratici, base per un pensiero politico e istituzionale nuovo e radicalmente alternativo fondato sulla qualità dei rapporti e non sulla quantità dell’accumulo. I beni comuni collocano la riflessione sul lungo periodo e sfidano finalmente, anche a nome delle generazioni future e di tutti gli altri esseri viventi.
9 – RIPENSARE LA RICCHEZZA di Patrick Viveret, Terredimezzo 2005 (Supplemento al n.61, maggio 2011 di “Altra Economia”)
Contro la tirannia del PIL, verso un’Altra economia e uno sviluppo umano durevole.
Nell’agosto del 2000 il Segretario di Stato francese per l’Economia solidale ha affidato a Patrick Viveret, filosofo e consigliere referente alla Corte dei Conti Francese, la stesura di un rapporto che “ripensasse la ricchezza”. Ripensarla per trovare risposta alle contraddizioni del nostro libero mercato e alla sua iniquità, per indicare una nuova strada da percorrere senza lasciarsi indietro nessuno, tantomeno uno scenario devastato dallo sfruttamento irragionevole delle risorse. Attualmente la ricchezza di un paese è misurata perlopiù sulla base di un unico parametro: il PIL, ovvero il prodotto interno lordo di ciascuna Nazione. Il rapporto di Viveret ha il merito di aver sottolineato quanto esso sia inadeguato a misurare il benessere di un paese: il PIL, infatti, è un indice piuttosto contorto e ben lontano dagli uomini, che subisce un’impennata in occasione di sciagure per la collettività – terremoti, attentati, crisi ambientali, pandemie – e che viene abbassato da iniziative no profit e di volontariato, contabilizzate come “consumatrici di ricchezza economica” che non producono nulla in cambio. Sembra assurdo, ma è proprio così: se in questo 2010 non vi fossero, per fare un esempio, incidenti stradali, che ogni anno“producono” circa 8000 morti solo in Italia, il PIL italiano scenderebbe vertiginosamente! E lo stesso vale per gli effetti dell’inquinamento sulla salute, per catastrofi sanitarie, ambientali, sociali. Questo si spiega con il fatto che tutte le distruzioni innescano processi di produzione economica volti alla riparazione dei danni: questi accrescono il PIL, diversamente da tutte le attività di prevenzione che avrebbero evitato i disastri stessi! Il grave errore del PIL è quello di non valutare la natura e le origini dei flussi di “ricchezza” e di scegliere deliberatamente di non tenere conto di variabili ecologiche, etiche, politiche e antropologiche: queste vengono rigettate nel nome della “neutralità assiologica”, per la quale è indispensabile mantenere la massima oggettività nelle misurazioni economiche. Questo tentativo rischia tuttavia di falsare completamente la misurazione del benessere di un paese, se è vero che un uragano produce PIL più di tutte le associazioni no profit che lavorano per la società! In quest’ottica, che non si può neanche più definire oggettiva, per la quale il PIL viene visto come indicatore del bene e del male per una nazione, fare volontariato è un’attività improduttiva contrariamente a schiantarsi con la propria automobile. Si rende indispensabile dunque «cominciare a lavorare per promuovere il cambiamento di rappresentazione della ricchezza», per imparare a considerare il benessere di un paese un calcolo ben più delicato, che tenga conto anche delle ripercussioni ecologiche e sociali dell’economia. Come suggerito dal premio Nobel Amartya Sen, il punto è riconciliare l’etica e l’economia, perché non ha senso parlare di benessere se non si guarda alle persone che ne dovrebbero essere protagoniste. Dei tentativi in questo senso ad oggi sono stati fatti: il lavoro di Sen ha ispirato il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) che cerca di individuare validi indicatori di sviluppo umano; la Banca Mondiale, prendendo atto della crescente disuguaglianza, ha fatto vari tentativi per mettere in discussione i tradizionali indicatori di crescita; anche l’Unione Europea sembra essere alle prese con alcuni tentativi di stabilire, soprattutto in ambito ambientale, degli indicatori condivisi. Tuttavia c’è ancora molto lavoro da fare per uscire dalla teoria, anche se la recente crisi della nostra “società di mercato” probabilmente non ci lascia altra scelta che accelerare questo processo. Conclude Viveret «Ora tutto questo è ormai davanti a noi, perché la vera globalizzazione non può realizzarsi contro la maggior parte dell’umanità e distruggendo la nostra nicchia ecologica. La questione della ricchezza si unisce dunque a quella dello sviluppo umano durevole».
10 – CONTRO L’ETICA DELLA VERITA’ di Gustavo Zagrebelski, Laterza 2008
Possono bastare, a volte, poche parole di un libro per invogliare il lettore a procuraselo e a leggerlo.
Così è stato per me, leggendo su “la Repubblica” del 22 febbraio 2008, le parole con cui iniziava l’articolo di Gustavo Zagrebelsky:
Non si parla mai tanto di valori, quanto nei tempi di cinismo. Questo, a mio parere, è uno di quelli. Le discussioni e i conflitti sulle questioni che si dicono ‘eticamente sensibili’ (…) sono un’ostentazione di valori. Tanto più perentoriamente li si mette in campo, tanto più ci si sente moralmente a posto.
In tempi di cinismo acuto, come questo in cui viviamo, tutto sembra stravolto. Anche linguisticamente. Parole come etica, verità, valori, principi, democrazia ecc. sono usate dai singoli con sensi diversi, perfino opposti. Fino all’abuso e, a volte, all’arbitrio.
Perciò tutto ciò che ci aiuta a riflettere sulle cose della nostra vita, a cominciare dalle parole e dalle loro relazioni che queste hanno con le posizioni e le scelte politiche di chi le usa e decide della nostra vita, diventa un prezioso contributo nella ricerca del bandolo di matasse sempre più difficili da sbrogliare da soli. Un’ancora inossidabile, anche nei pelaghi più perigliosi, è sempre quella di guardare, con attenzione e intelligenza, ai fatti.